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STORIA DI MISTRETTA
Centro della civiltà dell’entroterra dei Nebrodi occidentali,
Mistretta offre al turista il fascino di un mondo ancora “
vivibile”.
Conosciuta dagli storici greci e latini come Amestratos, Amestratus
, Amastra, Mestraton, Mitistratos , Mistretta è stata fin dalle sue
origini, per la sua posizione dominante, un punto di riferimento e
di passaggio tra il massiccio centrale della Sicilia ed il Tirreno
per mercanti e soldati.
Molti affermano che sia stata fondata dai Fenici, ma la tradizione
fa risalire le sue origini ai Sicani, lasciando prove inconfondibili
dei loro stanziamenti nelle costruzioni in pietra e negli oggetti di
ceramica, molto simili a reperti di civiltà sicana ritrovati nell’asia
Minore.
Gli Arabi costruirono il nucleo originario della Fortezza i cui
ruderi dominano tuttora la cittadina; in seguito i Normanni
l’ampliarono e l’abbellirono. Nel 1282 i suoi cittadini
parteciparono all’epopea dei “Vespri Siciliani” ed i Re Aragonesi la
inserirono tra le città demaniali con il titolo di “Imperialis”;
Mistretta ebbe così un posto nel Parlamento del Regno. Da quel
momento la città subì la stessa sorte del resto della Sicilia,
dominata dai Re di Castiglia e d’Austria, dai Borboni e dai
Piemontesi, sottomessa a feudatari senza scrupoli, da cui riuscì a
riscattarsi con enormi sacrifici.
I Privilegi del Re Alfonso, nel 1447, crearono le condizioni
affinché, nel XVI secolo, la città si arricchisse di numerosi
monumenti religiosi fra i quali l’importante Chiesa Madre dove gli
scalpellini amastratini lasciarono il segno della loro originale
arte che non sfigura nemmeno accanto alle finissime opere dei Gagini
che pure vi lavorarono.
Nel 700 si ebbe un lungo periodo di benessere, dovuto
all’esportazione di prodotti agricolo - caseari e allo sfruttamento
dei boschi comunali. Pertanto Mistretta divenne una base commerciale
e si arricchì di empori, fattorie, magazzini ed uffici che
mantenevano una efficiente organizzazione di scambi. La ricca
borghesia amastratina, orgogliosa delle proprie ricchezze, costruì i
propri palazzi con gusto sobrio ma severo.
La presenza, a Mistretta, alla fine del 1800, dell’architetto
Basile, incaricato della progettazione del cimitero, influenzò il
nuovo assetto urbanistico, con la costruzione di fontane, larghi,
piazze, pubblici passeggi e l’abbellimento della Villa Garibaldi.
Intanto le numerose Chiese si arricchivano delle opere dello
scultore amastratino Noè Marullo in un periodo in cui Mistretta
raggiunse l’apice del suo splendore economico, artigianale ed
artistico.
IL CASTELLO
Il Castello, già conosciuto in epoca romana (Polibio lo definisce
“vetustissimo”), poi arabo, poi normanno e quindi aragonese,
recentemente restaurato.
Le prime notizie sulla fortezza si hanno da un privilegio del 1101
con il quale il conte Ruggero dona al Demanio Regio e infeuda a se
stesso Mistretta con il suo castello. Questo fu teatro di grandi
avvenimenti per circa 300 anni, infatti lì si rifugiò Matteo Bonello
durante la rivolta contro Guglielmo Re dei Normanni, vi si stabilì
Federico D’Antiochia durante la rivolta contro Re Pietro D’Aragona
nel 1337. Nel 1360 vi si trattenne Re Federico D’Aragona prima del
matrimonio con Costanza. Altre notizie si riferiscono al 1474,
quando era castellano regio Sigismondo De Luna, che aveva il compito
della riscossione delle gabelle e che lasciò nell’incuria il
castello. Nel 1520 il castello era già in rovina e ridotto a
carcere. Il personale era costituito da due sole persone, il
castellano e il portiere. Nel 1608, il castello era completamente in
rovina. Nel 1633 i mistrettesi distrussero quanto rimaneva del
castello simbolo delle angherie del potere regio. Nel 1686 una
grande frana, che interessò tutta la vallata, distrusse il versante
nord-est della rocca del castello che cambiò per sempre la sua
morfologia. Dall’epoca della sua distruzione, i ruderi del castello
e le rocce vicine vennero usati come cava di pietra per la
costruzione delle case dei mistrettesi. Nel 1863 il Sindaco proibì
con una ordinanza di “ fare pietra al castello “.
Di tale complesso oggi rimangono i ruderi delle mura perimetrali, e
sul lato nord si configura ancora uno degli ingressi. Inoltre sono
riconoscibili i ruderi delle mura di cinta nonché di strutture
sussidiarie.
Con gli scavi archeologi effettuati nell’area sottostante i ruderi,
negli anni ’80, sono stati rinvenuti le fondamenta di una piccola
chiesa triabsidata, di probabile epoca normanna impiantata in uno
strato di materiale bizantino.
IL CENTRO STORICO
Mistretta è uno dei centri dei Nebrodi più ricchi di storia e di
cultura, una piccola perla d’arte incastonata sul massiccio dei
Nebrodi, verde dei suoi boschi.
Dall’alto del suo antico castello, l’occhio spazia verso il Tirreno
e le Eolie, l’Etna innevato ed il lussureggiante verde di boschi
circostanti.
Il suo centro storico è tra i più estesi e meglio conservati della
Sicilia
Ancora oggi è possibile chiaramente distinguere le diverse fasi ed
influenze nello sviluppo del centro edificato.
Il nucleo più antico è localizzabile nelle adiacenze della Chiesa di
S. Caterina di Amestrata (XIII secolo) a sua volta fondata su un
ninfeo romano (i reperti storici risalgono al IV secolo AC)
Certa la presenza di una importante comunità bizantina e musulmana.
La conquista normanna dell’XI secolo favorì la nascita di un nuovo
borgo dei latini (che si struttura a cerchi concentrici attorno e
fino alle falde del castello, in un’area in cui insistono antiche
necropoli) rispetto a primitivo dei greci che divenne ormai
periferico.
Una possente cinta muraria con torri ed almeno quattro porte
ortogonali (porta Palermo, porta Messina, porta della Piazza –poi
del “Muru ruttu”- e Pusterla, di cui ancora in situ solo la prima)
difendeva l’ingresso e l’uscita della città,
I) due agglomerati (quello greco e quello latino) si espandono come
macchie d’olio.
La Chiesa Madre di S. Lucia (esistente già dal 1169) posta sul
pianoro a ridosso delle mura assumerà posizione sempre più centrale
e di mediazione tra le due comunità, simbolicamente rappresentate
con la giustapposizione nel transetto di una immagine della Madonna
dell’Itria greca (1640-1654) e di una Loreto latina (1495)
Un terzo nucleo da non trascurare è quello costituito dal quartiere
ebraico inizialmente isolato ed equidistante dagli altri due, a
ridosso del torrente e sovrastato dal giardino dei cappuccini e da
un orto di Palme.
Dopo l‘editto di espulsione (1492) e la conseguente forzata
conversione dei membri della comunità, la sinagoga fu trasformata
nella chiesa di S. Giovanni Battista ed il ghetto viene posto sotto
lo stretto controllo dei Domenicani di S. Maria dell’Alto o del
Rosario e dei Frati minori riformati di S. Maria del Gesù.
Il XVIII secolo ed il successivo vedono completarsi, con un progetto
urbanistico sistematico, il processo di unificazione e di arredo del
centro, secondo i canoni dell’ornato e del decoro da personaggi del
calibro di Giovan Battista Basile, Silvestre Marciante e Noè Marullo.
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